venerdì 10 aprile 2020

LA MEGLIO GIOVENTU' E L'"IMMAGINARIO COLLETTIVO"



Spesso parliamo del cinema riferendoci alla nozione di "immaginario collettivo", ma forse abbiamo delle idee differenti su cosa questa definizione significhi. 

Io penso all'immaginario collettivo come a un "serbatoio" di immagini più o meno condivise nel contesto culturale in cui viviamo, che possono agevolmente rappresentare delle idee e dei sentimenti. Forse ci illudiamo sul fatto che queste immagini siano univoche e rappresentino per tutti la stessa cosa, ma sicuramente non è così. Tuttavia, è vero, queste immagini contengono qualcosa di misteriosamente comunicante.

Quando penso alla mia idea di immaginario collettivo, il primo film che mi viene in mente è Thelma & Louise, perché dice "troppo" sul femminile, sulla sorellanza, sull'amicizia, al punto che nella vita quotidiana le sue immagini saltano fuori con abbondanza.

Susan Sarandon, sorridente, con occhiali scuri e fazzoletto in testa e Geena Davis, con sorriso smagliante occhi con trucco azzurro.

Tuttavia, le immagini della mia storia, legate a problemi quotidiani di potere, di collocazione sociale, di rapporti intergenerazionali in cui c'è sempre qualcuno che vuole prevaricare sull'altro, provengono da filmoni americani degli anni Sessanta. Sono film che erano già classici ai tempi in cui li abbiamo conosciuti e che, stranamente, lo sono rimasti. Al centro della scena, è strano, c'è sempre un padre e un figlio:

In Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer del 1967, il personaggio di Sidney Poitier rivendica la sua scelta sentimentale verso il padre, che, rimproverandogli una vita di sacrifici, gli manifesta la sua delusione perchè il figlio ha scelto di sposare una donna di altra etnia e cultura.
L'altra scena memorabile è invece ne La gatta sul tetto che scotta di Richard Brooks, del 1958. Il figlio negletto, meno interessante e irrequieto (Jack Carson), ma in carriera e con numerosa prole, sempre alla ricerca dell'approvazione del padre, si confronta con quest'ultimo. "Sinceramente non m'importa di non essere il tuo preferito, voglio solo tutelare i miei legittimi interessi, d'altronde non sarà diventato avvocato per nulla", gli dice. Come a dire, un po' in ambedue gli esempi, che usiamo ciò che ci hanno regalato i nostri genitori anche contro di loro, pur di sopravvivere. Ingrato, forse, ma non scorretto.

Ultimamente, tuttavia, forse per ragioni legate alla nostra situazione contingente, ritornano in mente immagini più “nostrane”:
https://youtu.be/Fs8wrenJzcY
Il primo piano dell'attrice Lidia Vitale, in questi giorni sostituita da quella del Giudice Giovanni Falcone


Questo spezzone de La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana (2003) contiene tre scene che raccontano uno snodo fondamentale nell'esistenza del personaggio principale Nicola Carati (Luigi Lo Cascio) e, contemporaneamente, uno snodo fondamentale nella storia italiana. Nicola, mentre si trova a Milano per una consulenza psichiatrica a un imputato per tangenti, scorge un manifesto di una mostra fotografica in cui riconosce lo sguardo del fratello, morto suicida anni prima. Nicola cerca di mettersi in contatto con l'autore dello scatto e scopre che si tratta di una fotografa siciliana e, dopo qualche esitazione, decide di partire per Palermo, dove incontra la sorella maggiore Giovanna (Lidia Vitale), magistrato dal grande impegno.
Giordana, il regista, introduce con non-chalance ma anche disseminando nell'aria segnali che qualcosa sta per avvenire, l'incontro tra Nicola e la fotografa. Siamo all'indomani dell'omicidio di Falcone e un prete antimafia in mezzo a un cerchio di persone promuove degli slogan. Tutti iniziano con l'espressione "C'impegniamo...", è un mantra che ricorre continuamente. Il prete potrebbe essere Don Puglisi, che morirà, anch’egli, per mano mafiosa qualche anno dopo.

Una giornata di sole di Roberto Faenza, 1995

Nella scena di Giordana la folla di persone che animano l'assembramento nella chiesa è varissima: donne, uomini, giovani, anziani, casalinghe, studenti, ... Potrei essere una di questi, li vedo, li riconosco, io c'ero, anche se non a Palermo, ho vissuto quegli anni e quell'impegno.
Nicola Carati gira intorno alla folla, molto discreto, quasi timoroso, stringe a sé la sua cartella, che sembra proteggerlo dal suo evidente stato di fragilità. Cerca l'unica altra persona che non stia parlando e che, come lui, condivide il senso di quell'evento, ma ne è solo osservatore. Incontra lo sguardo di Mirella Utano (Maya Sansa). Quando penso a questa scena la ricordo sempre avvolta nel colore marrone della terra, la Terra, ovvero la Patria.