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domenica 12 settembre 2021

20 ANNI FA, LE TORRI GEMELLE THE TWIN TOWERS, 20 YEARS AGO




 
1. DOVE ERAVAMO IN QUEL MOMENTO?

Quando si parla di eventi marcatori questa è sempre la domanda di partenza. Esattamente 20 anni fa ero in camera mia, nella casa di mia sorella. Ero seduta sul letto e leggevo, probabilmente, una delle mie prime tesi di laurea. Un po’ svogliata, però, avevo acceso anche la televisione per guardare un film su RaiDue, ovvero “Accadde in Paradiso” con protagonista Timothy Hutton. Si trattava di un film che mi annoiava, il cui unico interesse era un cameo iniziale di Debra Winger, che, travestita da uomo, dava delle indicazioni al protagonista, che, appena deceduto, approdava in paradiso e necessitava di un certo orientamento. Hutton, ai tempi del film, era ancora sposato con la stessa Winger.

Il film si interruppe quasi subito per un’edizione straordinaria del Tg2 e comparvero le immagini che in questi vent’anni abbiamo rivisto molte volte. Chiamai subito la persona che mi era più vicina, in quel periodo della vita, intorno ai trent’anni e che, però, in quel momento, si era spostata dalla città per iniziare il suo percorso professionale. Poi chiamai la mia amica, che, ugualmente percorreva i primi passi nell’apprendistato. Ci venne naturale pensare di andare al partito, come avevamo sempre fatto nei momenti importanti e ci demmo appuntamento in sede. Trovammo i compagni intenti in una riunione federale, riguardante la comunità montana. Tutti sapevano cosa fosse appena successo ma rimandavano ad altri momenti una riflessione sull’evento.

2. L’11 SETTEMBRE E I GIOVANI

Gli eventi hanno sempre un sapore diverso secondo il momento della vita in cui accadono. Per me quest’evento non ha l’aura del passato, ma lo ha per i giovani e i giovanissimi. Quando vedono le immagini degli aeroplani schianatantisi, i grattaceli fumanti, sono sicura che le intreccino con colori, memorie e ambienti che sono collocati in un passato ancestrale e misterioso. Io, invece, non riesco nemmeno razionalmente, men che meno emotivamente, a staccare le immagini dell’11 settembre dalla realtà attuale.

 In quegli anni, primi anni di didattica universitaria, iniziavo a chiedere alle studentesse e agli studenti quale fosse il loro evento marcatore. Molti parlavano del crollo del muro di Berlino, solo qualcuno, vicino a me d’età, menzionava il rapimento di Moro. Iniziò intorno al 2010 la rievocazione delle “Torri gemelle” e persiste tuttora. Noto che questi eventi si fanno sempre più globali, generazione dopo generazione: Roma, Berlino, New York…I nostri figli, probabilmente, avranno da ricordare un evento che non solo è globale, ma è perfino delocalizzato e sappiamo qual è.

3. LE VITTIME CHE PIANGIAMO E QUELLE CHE IGNORIAMO

Paradossalmente, ciò che per me è mutato di più in questi vent’anni è l’angolatura dello sguardo sull’attacco alle Torri Gemelle. Molte persone con cui condividevo tanto, idealmente, hanno compiuto un percorso che io non ho condiviso. Dalla critica all’Occidente e al rispetto per il Medioriente, molti hanno infine accolto le lusinghe dell’islamofobia, si sono veramente convinti, per una forma di stanchezza intellettuale, che noi siamo migliori, che noi siamo l’emblema della libertà e che in quell’occasione i nostri valori sono stati attaccati e per ripristinarli dobbiamo sconfiggere non solo il terrorismo ma ciò di cui sarebbe diretta emanazione: una religione barbara e medievale.

Ho compiuto un percorso inverso, cercando di capire, anche per ragioni personali, il punto di vista degli “altri”. Ma non per comprendere il perché dell’attacco terroristico, che mi ripugna e che rigetto senza riserve, ma il perché dell’odio antiamericano. E credo che questo non venga solamente da quello che il grande regista americano Oliver Stone (un patriota, a suo modo) definisce l’attitudine prevaricante e invadente dell’America, ma da un fatto che è stato spiegato da una filosofa, anch’ella americana, come Judith Butler e cioè che molta parte della cultura americana stabilisce una gerarchia tra esseri umani e la impone in modo a volte incomprensibile e subdolo a tutto il mondo. Secondo questa gerarchia ci sono vittime più “grievable” di altre, più meritevoli di lutto: piangiamo coloro i quali ci hanno insegnato essere simili a noi: gli Americani, gli Israeliani. Non i Palestinesi o gli Afghani. Quando Biden ha pianto i suoi soldati morti qualche giorno fa in Afghanistan, abbiamo pianto con lui, ma raramente piangiamo le tante vittime innocenti di azioni di guerra prodotte dall'Occidente. A ciò si aggiunge il fatto che non comprendiamo il modo di commemorare le vittime, spesso teatrale e rumoroso, proprio di altre culture e invece ci identifichiamo con quello severo e riservato degli Americani. Ma questa è anche una grande mistificazione, che i dominanti mettono in atto per far dimenticare le vittime che provocano e per glorificare quelle che subiscono. Eppure, in Italia, ci sono state stragi, ancora impunite, in cui gli Americani hanno avuto un ruolo, per lo meno di osservatori e di testimoni, ma non si sono preoccupati di svelarne le circostanze. I civili italiani non hanno avuto la stessa considerazione che essi dedicano ai loro.

Questo discorso sembra cinico, ma non vuole esserlo nelle sue conseguenze. Molti aspetti dell’attacco dell’11 settembre sono poco chiari, molti credono che entità americane abbiano giocato un ruolo negli eventi, ma se anche fosse così, questo toglierebbe qualcosa al lutto per le migliaia di persone innocenti morte sotto le torri e per le conseguenze dell’attentato anche nei mesi e anni a venire? Assolutamente no, anzi, il senso della tragedia umana è, se possibile, ancora più grande.

4. NELLA (MIA) MUSICA

Bruce Springsteen ha prodotto un album nel 2002, che si richiama fortemente all’11 settembre. Lo pubblicò pochi mesi dopo il fatto; alcuni critici dicono che si sente che è stato fatto “in tutta fretta”. Ad ogni modo, tra le canzoni che si richiamano all’attentato, due spiccano. My City of Ruins fu scritta prima dell’11 settembre, ma contiene quella che Patty Scialfa definì una strana premonizione, una premonizione che qualcosa di terribile sarebbe successo. Una canzone catartica, con il suo finale “C'mon, c'mon, c'mon rise up”, ovvero alzati, rialzati, sollevati.

Poi, la title track The Rising, dove ricompare la figura della salita, dell’ascesa. Però qui si tratta di un’altra salita, più materiale e insieme più solenne. L’autore la scrisse in omaggio ai vigili del fuoco che salirono sulle torri per cercare di salvare delle vite umane e qualche volta persero la loro. Non è facile spiegare il lirismo e la profondità del testo e dell’impianto musicale di The Rising, non è descrivibile a parole, emerge solo nell’ascolto musicale. È uno dei pezzi migliori dello sterminato repertorio di Springsteen (forse il migliore?)

Nel video Springsteen fa ampio uso di croci, simboli insieme di cristianità e di sacrificio. Spiegò che i simboli della cristianità per lui erano simboli che usava con una certa leggerezza, che facevano parte della sua cultura popolare e che non si poneva il problema di menzionarli nel loro valore di riferimento a una determinata religione (nell’edizione di Storytellers). The Rising rimane, tuttavia, la canzone più spirituale e filosofica di Springsteen, ponendosi, sotto traccia, il quesito del significato della vita e della morte.

 

L’autore andò, dopo l’attacco al World Trade Center, a parlare con familiari di alcuni vigili del fuoco che erano morti sotto le torri. Scoprì che spesso erano stati suoi fan e volle sapere perché amassero la sua musica. Ma non ci vuole tanto a capirlo, basta leggere Nicholas Sparks, uno scrittore di romanzi rosa (che per la verità ho molto amato) che ambienta le sue storie nella provincia americana, tra i suoi eroi popolari, i suoi pompieri, reduci, parrucchiere e meccanici, le sue insegnanti e i suoi barbecue e Feste del Ringraziamento.


New New York fu scritta proprio in omaggio alle vittime dell’attacco alle Twin Towers. Come è noto, nel World Trade Center perirono persone di tante nazionalità. Ma poi, gli stessi americani che morirono nell’attacco, come tutti gli americani, erano immigranti di diverse origini. Circa mille persone erano di origine irlandese. Mi spiegava, inoltre, una collega irlandese che molti americani, anche se hanno remote origini irlandesi, le evidenziano…per ragioni elettorali, ma anche perché tutti, in Occidente, vogliono essere un po' irlandesi, come spiega Clint Eastwood tramite i suoi personaggi in Million Dollar Baby.

Io non credo, tuttavia, che Dolores O’Riordan abbia scritto questo testo pensando ai suoi connazionali. Penso che sia più un omaggio alla città e al Paese, città in cui visse e morì John Lennon, Paese che accolse e portò al successo i Cranberries quando ancora la stessa Irlanda e l’Inghilterra non li aveva scoperti. Infatti, delle canzoni che presento, questa è quella scritta con più veemenza contro il nemico, con un senso di resistenza verso questi altri che ci minacciano e che vogliono negare quello che noi siamo.

Nel periodo seguente all'attacco delle Torri Gemelle iniziai ad ascoltare Sarah McLachlan. L'album del 2003 reca una canzone in cui c'è un lieve ma inconfondibile accenno all'evento: "...aerei si schiantano/ si parla ancora di salvare vite umane" (ne ho parlato qualche anno fa in un archivio digitale di canzoni contro la guerra che mi era stato segnalato da mia sorella: Canzoni contro la guerra). Nel brano dell'autrice canadese, l'evento 11 settembre diviene spunto per attestare il valore universale del filantropismo. 

"Il mondo è in fiamme/ è più di quanto possa reggere/ attingo all'acqua/ cerco di prenderne la mia parte/ cerco di portarne di più/ più di quanto possa reggerne/ portarlo alla tavola/ portare quello che posso".


Il video prodotto da Sophie Muller e dalla stessa McLachlan costò solo 15 dollari; le autrici ritenevano potesse essere un segnale di risparmio, di equità e di redistribuzione delle risorse economiche a livello globale.

5. NON SI FOTOGRAFA A GROUND ZERO

Visitai Ground Zero nel 2004: il monumento che oggi ricorda le vittime dell'attacco era ancora in costruzione, ricordo solo un grande cantiere e un cartello che recava i nomi dei caduti. Non vi era nessun obbligo in proposito, se non ricordo male, ma delle persone presenti nessuno scattava fotografie in segno di rispetto per i morti. 

https://www.elencoblog.net

giovedì 31 ottobre 2019

LA CANZONE (IM)PERFETTA. OMAGGIO PER I SETTANT'ANNI DI BRUCE SPRINGSTEEN

Immagine dell'epoca di Born In The Usa: su sfondo azzurro sono indicati a sinistra i titoli dei pezzi dell'album; a destra è Bruce Springsteen, sulla trentina, in maglietta bianca e jeans.

Si tratta di None But The Brave, uno storico inedito del 1983, registrato per Born In The Usa e però  mai pubblicato nell'album. Stranamente la canzone non vide la luce nemmeno nel sostanzioso cofanetto di inediti del 1998 e comparve solo in un The Essential di qualche anno dopo.None But The Brave è una canzone "imperfetta": è lunga, racconta una storia che si dilata e si confonde, è molto nostalgica. Musicalmente ha qualcosa di melenso, di non fluido. Forse questi stessi aspetti hanno convinto l'autore a escluderla dall'album del 1984.

venerdì 12 aprile 2019

A VERONA, UN GIORNO DI PASQUETTA


E' stato 26 anni e un giorno fa! Voi eravate a passare Pasquetta al mare con incendio annesso e io ero al Bentegodi di Verona. Arrivata da sola (non so come) in nave e in treno. Nel mio scomparto c'era una coppietta di ragazzi più giovani di me, sia lui che lei mi avrebbero vista bene sotto le rotaie. Arrivata allo stadio scoprii che erano lì vicino a me in tribuna.