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sabato 11 luglio 2020

GLI SPROLOQUI DI SALVINI E L’EREDITÀ DI ENRICO BERLINGUER




Matteo Salvini ha affermato che il movimento del quale è capo è il vero erede della politica sociale del PCI di Berlinguer.
L’assurda, paradossale affermazione potrebbe originare da diversi fattori: primo fra tutti, l'ignoranza storica del Senatore, che non sa che la visione prospettica di Berlinguer era antitetica alla sua. 

Era incompatibile con ogni forma di xenofobia; era fondata sulla questione morale e su un certo riserbo nella vita privata; era fortemente internazionalista ed era vicina a tutti i popoli oppressi. Berlinguer, come oggi D'Alema, era vicino alla causa palestinese, al punto da ricordarlo anche nel suo discorso parlamentare del 16 marzo del 1978, proprio quel giorno.


Inoltre, Salvini è un provocatore, e quel che dice è in linea con la scelta estremamente provocatoria di istituire la sede romana della Lega in via delle Botteghe Oscure, vicino alla storica sede del Partito Comunista.
Infine, la Lega non ha navigato in buone acque, ultimamente, come i sondaggi avranno sicuramente segnalato al suo leader, ed era opportuna un’uscita in direzione dell’ex classe operaia ormai disillusa, scontentata da tutti, da ultimo anche poco entusiasta del Movimento Cinque Stelle.

Io credo, però, che l’immediata risonanza dei vaneggi di Salvini non sia dovuta solo alla bislaccheria del loro contenuto. Penso, invece, che l’eredità berlingueriana, che è tutt’uno con quella del comunismo italiano, sia un grande problema della sinistra odierna. Mentre, infatti, un uomo come Berlinguer non passa di moda, è passato di moda il berlinguerismo, anche per le ragioni prima dette. Sono fortemente osteggiati gli eredi "oggettivi" di Enrico Berlinguer, le persone che egli aveva vicine e che, più probabilmente, avrebbero cercato di proseguirne l'operato. 

Persone della minoranza della sinistra (minoranza della quale orgogliosamente faccio parte, essendo rimasta - si parva licet - "fedele ai miei ideali di gioventù") che si trovano, a mio avviso,  più fuori che dentro il PD. Berlinguer è, paradossalmente, "un’icona per molti che non lo hanno capito, non lo hanno conosciuto, non sapevano chi fosse" (Intervista su Nuova Atlantide), come Jovanotti, per sua stessa ammissione, che compare nelle testimonianze raccolte da Veltroni.

Ma quando è la moda a governare la politica, allora solo la "tendenza" la fa da padrone; infatti fanno sorridere le reazioni alle affermazioni di Salvini provenienti da persone entrate a far parte dei gruppi dirigenti della sinistra con la rottamazione di qualche anno fa, una rottamazione che voleva demolire proprio quel che restava di Berlinguer.
La verità è che molta parte della sinistra ha paura del suo passato. L'anticomunismo è talmente diffuso come ideologia sotterranea che rischiamo di esserne colpiti proprio noi, ex- e post-comunisti. Un mese fa è stato l'anniversario della morte di Berlinguer, ma nessuno ci ha pensato, perché si era tutti molto occupati a difendere la memoria di Indro Montanelli, proprio per una questione per la quale non era difendibile.
E così, la tendenza e la "fighezza" dettano l'agenda politica. La storia del comunismo italiano è travisata o sminuita.
Poi ci sono i paradossi: Bella Ciao è uno dei canti più conosciuti e amati al mondo, inno per tanti attivisti di diverso genere e di diverse generazioni. Durante il lockdown, a un certo punto, è stata anche un canto di solidarietà nei confronti dell'Italia: vogliamo dimenticarci anche di questo?

Claudia Secci

P. S. Questa l’interpretazione di Bersani:


La mia copia di A Mosca l’ultima volta. Enrico Berlinguer e il 1984 di M. D’Alema